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Helder Pessôa Camara (1909-1999), vescovo di tutti

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Helder Pessôa Camara a Ivrea nel 1981 con mons. Bettazzi
Helder Pessôa Camara a Ivrea nel 1981 con mons. Bettazzi

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Helder Pessôa Camara (1909-1999), vescovo di tutti
Attualità ecumenica di Mons. Helder Pessôa Camara a vent’anni dalla sua morte

di Riccardo Burigana per Finestra Ecumenica

Il 27 agosto 1999, a Recife, nella sua casa, accanto alla Chiesa das Fronteiras, Mons. Helder Pessôa Camara, il Dom, come da tutti veniva chiamato, concludeva la sua vita terrena dedicata all’annuncio della Buona Novella in difesa degli ultimi: da pochi mesi aveva compiuto novant’anni, festeggiati a Recife, circondato da una folla che aveva voluto ringraziarlo per quanto egli aveva fatto per ricordare a tutti, con la sua testimonianza quotidiana, che essere seguaci di Cristo significava vivere con i poveri e per i poveri, lottando contro ogni forma di ingiustizia. Intorno a lui c’era una folla che per anni lo aveva accompagnato nei suoi tanti viaggi nel mondo dove la sua voce aveva dato speranza e gioia a chi lo incontrava, una folla che, in Brasile, per anni, gli anni della dittatura, molte volte, aveva avuto paura a manifestare insieme a lui per denunciare la violenza che non aveva niente di cristiano.

Helder Pessôa Camara, nato a Fortaleza, nel nord-est del Brasile, il 7 febbraio 1909, era diventato rapidamente una delle voci più autorevoli della Chiesa cattolica in Brasile, grazie anche alla sua frenetica attività che lo aveva condotto, tra l’altro, a proporre la creazione della Conferenza Episcopale Brasiliana. Nel 1952, l’anno in cui Pio XII lo crea vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, la Conferenza è fondata e lui venne nominato segretario: da Rio de Janeiro egli organizza, promuove, interviene, favorisce una serie infinita di progetti e di iniziative che, nella linea del pontificato pacelliano, tendono a rendere la Chiesa protagonista nella società, con proposte che vanno ben al di là dell’azione evangelizzatrice che rimane la sua priorità anche in quei tempi nei quali non mancano a Helder Camara le offerte per diventareministro, sindaco, ma egli rimane, come sarà per tutta la vita, un uomo che vive per la Chiesa e nella Chiesa.

In una vita così piena di opere, giunge la convocazione del concilio Vaticano II, che rappresenta per lui, come per molti altri, un’esperienza unica in grado di far riscoprire la profondità e la ricchezza della tradizione della Chiesa: gli anni delle Sessioni conciliari a Roma, alle quali Helder Camara partecipa, sono un tempo di scoperta di quanto la Chiesa abbia bisogno di un rinnovamento che parta da scelte evangeliche: Helder Camara le condivide e sostiene con la sua presenza a Roma e con il suo impegno in Brasile, dove una dittatura civile-militare ha preso il potere, poche settimane prima della nomina di Helder Camara ad arcivescovo di Olinda-Recife, il 12 maggio 1964, da parte di Paolo VI.

Tra le scelte evangeliche del Vaticano II c’è il ripensamento della partecipazione della Chiesa cattolica al movimento ecumenico che, per tanti versi, Helder Camara scopre proprio negli anni del Concilio, ascoltando le parole di Giovanni XXIII per l’unità della Chiesa, seguendo nella preghiera i viaggi di Paolo VI – in particolare il pellegrinaggio in Terra Santa dove l’incontro di papa Montini con il Patriarca Ecumenico Atenagora, autentica pietra miliare per la Chiesa, apre anche per Camara orizzonti nuovi – e incontrando volti di uomini e donne di altre confessioni cristiane; tra questi gli incontri con i monaci della Comunità di Taizé, anch’essa presente a Roma, durante le Sessioni conciliari, diventano occasioni di comunione spirituale, lasciando intravedere cosa i cristiani, insieme, possono fare nel mondo per testimoniare Cristo. Questa dimensione ecumenica della testimonianza cristiana, che significa per lui conoscere e incontrare fratelli in Cristo di altre confessioni nel suo paese, accompagna Helder Camara a Recife dove, come in tutto il Brasile, la dittatura civile-militare sta procedendo a un controllo capillare della società, compresa la Chiesa, per impedire qualunque forma di opposizione; le parole e i gesti di Helder Camara attirano presto l’attenzione degli organi di repressione tanto più che intorno a lui si cominciano a riunire non solo cattolici e cristiani, ma tutti coloro che sentono che si deve fare qualcosa per contrastare la violenza di un sistema che cerca di isolare Helder Camara, con arresti e uccisioni tra i suoi collaboratori.

Di questa condizione Helder Camara parla nei tanti viaggi che caratterizzano la sua vita: sono viaggi per dare voce a chi non ha voce, per denunciare la povertà come prima forma di violenza; sono occasioni per incontrare, per ascoltare, per dialogare così da far conoscere le sofferenze per una condivisione che aiuta a sconfiggere povertà e emarginazione per costruire un mondo di fratelli e sorelle in Cristo che sappiano edificare la pace, che non esiste senza giustizia. In questi viaggi c’è in Helder Camara una nuova scoperta ecumenica, poiché su questi temi, dalla lotta alla povertà, alla denuncia della violazione dei diritti umani , alla costruzione della pace senza se e senza ma, trova una profonda sintonia con tanti cristiani e cristiane, che non sono in piena comunione con lui, ma si riconoscono nel Cristo che parla ai ricchi per chiedere loro di farsi poveri. Così diventa il vescovo di tutti, non solo e non più un vescovo della Chiesa cattolica, dove peraltro non mancano le voci di coloro che criticano l’opera di Helder Pessôa Camara, come pericolosa per lui e per la Chiesa, come se fosse altro rispetto all’annuncio della Parola di Dio. Quanto siano lontani quei tempi, anche se non del tutto superati, lo testimonia, tra i tanti gesti, l’apertura del processo di beatificazione di Helder Camara, voluta da papa Francesco per aiutare la Chiesa a conoscere e a vivere quella misericordia di Dio che guidò il vescovo brasiliano.

A vent’anni dalla sua morte, le parole di Helder Camara rimangono di grande attualità, soprattutto se si volge lo sguardo non solo a quanto sta accadendo nel mondo – dove, nonostante il quotidiano impegno di tanti cristiani e non, la povertà rimane la prima forma di violenza, soprattutto in campo ambientale – ma soprattutto al pontificato di papa Francesco che ha rilanciato tante istanze del concilio Vaticano II per una Chiesa che si metta in cammino per vivere un dialogo, fatto di accoglienza e ascolto, radicato sulla Parola di Dio in modo da portare avanti, con gioia, la missione evangelica da condividere con tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Era il sogno di Helder Camara a Roma durante il Vaticano II, un sogno che egli ha vissuto e cercato di tradurre in realtà ogni giorno, a Recife e nel mondo, anche quando trovava i colpi di mitra sulle pareti della sua casa.

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