L’Arcivescovo Anastasios e la rinascita della chiesa ortodossa di Albania

Anastasios di Albania
Anastasios di Albania
Una delle personalità più note e apprezzate all’interno del mondo ortodosso dopo il Patriarca Bartholomeos, la cui voce gode di un’ampia eco a livello internazionale, è certamente Sua Beatitudine l’Arcivescovo Anastasios di Albania. Anche nell’attuale situazione di crisi intra-ortodossa la sua parola si distingue sempre per qualità evangelica invitando tutti alla riconciliazione e al dialogo. Sono inviti che hanno un peso particolare, perché vengono da un uomo che del dialogo e del confronto con l’altro ha fatto lo scopo della sua missione di vita fin da quando era giovane. Per questo motivo e anche per ricordare i trent’anni dalla rinascita della Chiesa Ortodossa di Albania (1992-2022), ci sembra che valga la pena tratteggiarne la figura e la personalità spirituale.

Nato al Pireo (Grecia) nel 1929, Anastasios (Yannoulatos) è arcivescovo di Tirana, Durazzo e di tutta l’Albania e, a questo titolo, è primate del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Autocefala di Albania. Dal 1997 è professore emerito dell’Università Nazionale di Atene, dove nel 1970 conseguì il dottorato, con una tesi dedicata ad alcuni aspetti della religiosità africana, insegnandovi successivamente storia delle religioni per oltre venti anni (1972-1997) e svolgendo anche l’incarico di decano della facoltà di teologia (1983-1986).

Come esperto di scienza delle religioni ha pubblicato numerosi libri e articoli su diverse tradizioni religiose (induismo, buddismo, taoismo, confucianesimo, religioni africane e islam) e sul dialogo interreligioso, e ha svolto un’intensa attività di ricerca e di divulgazione attraverso conferenze in tutto il mondo. Ha ricevuto per questo ben diciassette lauree honoris causa in filosofia e teologia da parte di università presenti in Grecia e all’estero.

Fin da giovane teologo Anastasios ha manifestato un interesse particolare per la missione cristiana ad extra – che ha sempre considerato un comando evangelico essenziale e un dovere dei cristiani di ogni tempo – e per questo ha svolto opera di pioniere nel risvegliare l’impegno missionario nell’ortodossia, fondando, tra l’altro, il Centro missionario interortodosso Poreuthentes ad Atene (1960) e il periodico missionario Panta ta Ethne (1981).

Prima e dopo il suo arrivo in Albania, ha svolto incarichi e ministeri in ambito pastorale, ecclesiale ed ecumenico, tra i quali quello di vice-presidente dell’organizzazione internazionale per la gioventù ortodossa Syndesmos (1964-1977); di direttore generale di Apostoliki diakonia, organo della Chiesa di Grecia (1972-1991); di vescovo locum tenens della metropolia di Irinupoli nell’Africa orientale (Kenia, Tanzania, Uganda) su invito del Patriarcato di Alessandria (1981-1990); di presidente-moderatore della Commissione per la missione e l’evangelizzazione del Consiglio ecumenico delle chiese (1984-1991); di membro del Comitato centrale dello stesso Consiglio ecumenico (1998-2006), di cui è stato anche presidente per alcuni anni (dal 2006); di membro della Commissione Fede e Costituzione (2000-2006) e di numerose altre commissioni di dialogo o di promozione dei diritti umani. Dal 2006 è presidente onorario della Conferenza mondiale delle religioni per la pace.

Nel 1991, all’età di 61 anni, è stato nominato dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I esarca patriarcale in Albania, e l’anno successivo Arcivescovo di Tirana e di tutta l’Albania.

Il giorno del suo arrivo in Albania, il 16 luglio 1991, la sua accoglienza da parte dei fedeli ortodossi all'aeroporto e nella Chiesa dell’Annunciazione a Tirana fu veramente pasquale e commovente:con in mano le candele accese, la gente intonò il tropario “Cristo è risorto!”. In un’intervista rilasciata molti anni dopo rivela:

Il popolo ortodosso mi stava davvero spingendo a restare. Come avrei potuto rifiutare? Come avrei potuto dire di avere un piano diverso per il resto della mia vita? Pregavano per me ogni giorno. Rimanere in Albania avrebbe significato mettere da parte tutte le idee che avevo su cosa avrei fatto per il resto della mia vita. Avevo in mente un tranquillo ritiro in Grecia, tenendo lezioni all'università e scrivendo libri...

Non senza qualche esitazione, Anastasios assunse così l’arduo compito di ricostruire dalle fondamenta una chiesa decimata da 46 anni di persecuzione da parte di uno dei regimi comunisti più duri e sanguinari del Novecento:

Nemmeno nella Russia sovietica o nella Cina comunista lo stato attaccò ogni manifestazione della vita religiosa in modo così capillare e spietato. Negli ultimi 23 anni di governo comunista, non era rimasta una sola chiesa o moschea attiva in nessuna parte del paese. La maggior parte dei luoghi di culto furono distrutti.... Anche in casa la vita religiosa era bandita. Non erano ammesse icone o altri segni di fede. Era illegale farsi il segno della croce o dire una preghiera prima del pasto...1

L’opera diricostruzione fu a tutto campo, sia materiale che spirituale: egli ricostruì chiese e monasteri, iniziò a formare e ordinare preti, fondò istituti di formazione ecclesiastica e teologica, e promosse anche importanti programmi nell’ambito della sanità, dello sviluppo, dell’assistenza, dell’istruzione, della cultura, dell’ecologia e della pace. Tutto questo fece cadere a poco a poco anche gli iniziali sospetti nei suoi confronti di una parte del popolo albanese che lo vedeva come uno “straniero” venuto a portare un’ortodossia di matrice greca. Del resto, la sua intenzione sincera è sempre stata quella di ricostruire una chiesa albanese per gli albanesi, e i risultati raggiunti in questi trent’anni lo hanno dimostrato in modo evidente.

La nuova cattedrale ortodossa di Tirana
La nuova cattedrale ortodossa di Tirana
Uno dei suoi progetti più ambiziosi, che egli stesso considera in qualche modo come la chiave di volta di tutta la sua missione in Albania, è stato quello di ricostruire la cattedrale ortodossa di Tirana, al posto di quella rasa al suolo dal regime comunista: essa è stata ufficialmente aperta il 24 giugno 2012, per celebrare i 20 anni della sua consacrazione arcivescovile e della ricostituzione della chiesa ortodossa in Albania; tuttavia è stata consacrata solo il 1 giugno 2014, con una solenne liturgia alla quale hanno partecipato numerosi dei primati delle chiese ortodosse. Il nome scelto per questa cattedrale, che è la terza chiesa più grande d’Europa, appare come il sigillo e il simbolo di tutto ciò che Anastasios ha compiuto per la chiesa ortodossa e il popolo albanese: “Resurrezione”, in albanese Ngjallja, in greco Anastasis.

L’opera dell’arcivescovo Anastasios è universalmente riconosciuta come esemplare in vari ambiti, come mostrano i numerosi premi e riconoscimenti da lui ottenuti da parte delle più diverse istituzioni internazionali (nel 2000 il suo nome, su proposta di un gran numero di membri dell’Accademia di Atene, fu proposto anche per il premio Nobel per la pace). Nel 2007 gli è stata conferita la cittadinanza albanese dal presidente della Repubblica di Albania Ilis Meta.

Oggi l’arcivescovo Anastasios, come già si diceva in apertura, è considerato una delle autorità morali e spirituali più rispettate non solo nell’ambito dell’ortodossia, ma anche a livello internazionale, grazie alla sua rara capacità di parlare all’uomo di oggi con linguaggio allo stesso tempo profondo e immediato, e di pensare la chiesa e la sua missione in modo aperto e in dialogo con la cultura contemporanea.

La sua presenza al Grande e Santo Concilio della Chiesa Ortodossa, riunito a Creta nel giugno 2016, ha rappresentato una delle voci più forti ed evangeliche nel sostegno dei valori del dialogo, della pace e della lotta contro ogni forma di egocentrismo materiale e spirituale, personale e collettivo.

Queste le sue parole nel suo discorso di apertura dell’assise conciliare:

Alcune persone chiedono: nei grandi concili ortodossi ci si è sempre confrontati con qualche eresia. Quale eresia sarà affrontata dal Santo e Grande Concilio? La risposta è semplice: la grande eresia, la madre di tutte le eresie, l’egocentrismo – personale, di gruppo, tribale, ecclesiastico, ecc. – quello che avvelena tutte le relazioni umane e ogni forma di coesistenza armoniosa e creativa.

Nonostante l’avanzare dell’età, negli ultimi anni l’arcivescovo Anastasios non ha mancato di levare ripetutamente la sua voce per tentare una mediazione tra le parti nel conflitto che infuoca attualmente l’ortodossia globale a motivo dell’intricata questione della concessione dell’autocefali alla Chiesa Ucraina da parte del Patriarcato Ecumenico.

In una lettera indirizzata al Patriarca Kirill, pochi giorni dopo la decisione del Patriarcato di Mosca di interrompere la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli (15 ottobre 2018) scrive:

Mi sembra necessario riaffermare che la nostra modesta persona farà tutto ciò che è in suo potere per evitare uno scisma in seno all’ortodossia mondiale. Un tale evento costituirebbe un trauma doloroso per la credibilità dell’Ortodossia e dev’essere evitato a ogni costo. Ecco perché continuiamo indefessamente a credere nel proclama teologico fondamentale, che noi ripetiamo da decenni nel dialogo intercristiano: che la Chiesa ortodossa è la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica – e non una confederazione di Chiese locali. Ogni forma di scisma indebolisce la testimonianza ortodossa nel mondo contemporaneo, nuoce alla credibilità della testimonianza ortodossa e ferisce ipso facto lo splendore del mondo cristiano. ... Anche se ciò sembra impossibile, noi crediamo che dobbiamo “fare tutto quanto ci è possibile” per tornare alle sinassi dei primati delle Chiese ortodosse e a un nuovo grande sinodo. Sappiamo che queste proposizioni possono essere considerate da alcuni come irrealistiche e in ultima analisi irrealizzabili. E tuttavia, credo che nessuno sia “realista” a meno che non creda al miracolo: e che «sia possibile a Dio ciò che è impossibile agli uomini» (cf. Lc 18,27). In conclusione, l’unità assoluta dell’ortodossia e il dovere di dare una testimonianza convincente al mondo contemporaneo restano i criteri insostituibili per far fronte ai casi particolari, che certo sono difficili da risolvere.

Il 24 novembre 2019 l’arcivescovo pubblica ancora un vibrante Appello per risolvere la polarizzazione ecclesiale rivolto alle Chiese ortodosse per esortarle ad arrestare l’inesorabile movimento verso la divisione prima che sia troppo tardi, e a tornare a incontrarsi:

La cosa più cruciale e necessaria è sottolineare il dovere dell’unità dell'Ortodossia. San Giovanni Crisostomo, dando voce all’esperienza spirituale dei Padri e alla tradizione ecclesiale, ha dichiarato: “Il nome della Chiesa non è nome di divisione, ma nome di unione e di concordia. La Chiesa esiste non perché siamo separati, ma radunati in unità!”.E altrove: “Nulla irrita Dio così tanto come il fatto che la Chiesa sia divisa” ... È tempo di porre come basi dei nuovi sforzi le verità della Tradizione ortodossa che si basano sulla Santa Scrittura: “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e non fate ciò dico?” (Lc 6,46; Mt 7,21), “Ma io vi dico; Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano...” (Mt 5,44), “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...” (Mt 6,12), “sforzandovi di custodire l’unità dello Spirito nel vincolo della pace” (Ef 4,3; cf. Gal 5,15). Seguendo fedelmente i comandi del Signore discerneremo nuove strade per superare la crisi. Le soluzioni ci sono. Dio ci illuminerà per trovarle. ... Il fondamentale principio di conciliarità, su cui si appoggia il cammino secolare della Chiesa ortodossa è il solo che, alla fine dei conti, può aprire una via d’uscita all’attuale crisi.

Un tale appello al dialogo, che purtroppo non ha portato i frutti sperati, è stato ripetuto con forza di nuovo, negli stessi termini, poco più di un mese fa, dopo che il Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca, del 29 dicembre 2021, ha deciso di istituire un Esarcato in Africa, per accogliere quanti all’interno del Patriarcato di Alessandria non hanno accettato la decisione del Patriarca Theodoros di riconoscere l’autocefalia della Chiesa Ucraina:

Lo scisma, con la varietà delle sue mutazioni, è evidente ed è urgente cercare la cura e l'uso del “vaccino” che la tradizione apostolica ha definito: rappacificazione e riconciliazione.

Del resto questa è stata la convinzione che lo ha guidato nel suo ministero pastorale in Albania dove ha dovuto superare non pochi conflitti e ostilità prima di giungere a costruire un tessuto di rapporti fondato sulla coesistenza pacifica e il rispetto reciproco. In un’intervista pubblicata sul quotidiano greco Kathimerini il 20 gennaio 2013, conclude così:

Personalmente credo che l’ultima parola non appartenga all’odio, ma al Dio dell’amore; e “l’amore perfetto scaccia il timore” (1Gv 4,18). In qualità di arcivescovo di Albania, ho basato la mia intera vita e il mio ministero su questa convinzione. Ecco perché faccio ogni sforzo per lottare – con fede, pazienza e duro lavoro – per la pace, la riconciliazione e la solidarietà tra tutti i popoli e tutte le nazioni.

Negli ultimi giorni, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’arcivescovo è di nuovo intervenuto con forza per esprimere la sua condanna della guerra e ribadire i principi di riconciliazione e di fratellanza tra i popoli cui è sempre rimasto fedele.

Profondo dolore e sofferenza ricolma l’anima degli uomini, quando il dialogo per la pace si interrompe e inizia la guerra fratricida con il monologo della violenza del potente e le vittime, di regola gli innocenti, gli indifesi, e le ondate di profughi. La coscienza cristiana condanna ogni forma di violenza, esortando con insistenza ciascuno, nella misura delle sue capacità, a contribuire alla pace e alla riconciliazione nell'Ucraina sofferente e ovunque sulla terra. Il nostro fermo principio resta la parola di Cristo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.

Tra i numerosi libri dell’arcivescovo Anastasios (24), scritti per lo più in greco e tradotti in diverse lingue (senza contare gli innumerevoli articoli e interventi in opere miscellanee) segnaliamo: Islam: indagine di scienza delle religioni (1975, giunto in Grecia alla quindicesima edizione); Posizioni dei cristiani davanti alle altre religioni (1975); Tracce dalla ricerca del trascendente. Raccolta di studi scientifico-religiosi (2004); Missione sulle tracce di Cristo (2007); In Albania – Croce e resurrezione (2011).

Le nostre edizioni Qiqajon hanno pubblicato in traduzione italiana Vivere insieme. Il contributo delle religioni a un’etica della convivenza (2017). Il teologo greco Athanasios N. Papathanasiou presenta il libro con parole che sembrano adatte a caratterizzare non soltanto l’opera del teologo, ma quella dell’infaticabile costruttore di ponti tra le culture, le religioni e le chiese:

La teologia [dell’arcivescovo Anastasios] ha l’odore di un’altra terra: la terra della strada, perché è una teologia di pellegrini in cammino fino ai confini del mondo. Non una teologia che scaturisce dalla terra, ma una teologia su una verità che viene dal cielo, entra nella quotidianità e opera nel fango della storia. ... A mio avviso, è tra i pochi teologi degli ultimi cinquant’anni che non hanno trasformato il giardino della teologia in una forma qualunque di monocoltura.

L’arcivescovo Anastasios ha sempre sostenuto con entusiasmo l’iniziativa dei Convegni ecumenici internazionali di spiritualità ortodossa organizzati dal nostro monastero e, sebbene non abbia potuto finora prendervi parte personalmente, ha regolarmente inviato i suoi messaggi augurali e negli ultimi anni anche dei rappresentanti ufficiali della Chiesa di Albania.


NOTE

1 Cf. J. Forest, The Resurrection of the Church in Albania, WCC Publications, Geneva 2002, pp. 17-18.

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