Un ritorno in avanti

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Lettera agli amici Qiqajon di Bose n. 70 - Pentecoste

Cari amici e amiche, ospiti, pellegrini e voi che ci seguite da lontano
questo foglio di amicizia e fraternità è giunto al suo 70° numero e cerca di proseguire la sua tessitura di legami di comunione con voi.

Dal nostro ultimo appuntamento nel dicembre dello scorso anno i due eventi che avevano contrassegnato la nostra vita già nei mesi precedenti – la pandemia, che ha colpito tutti, e le tensioni comunitarie a monte e a valle della Visita apostolica disposta dalla Santa Sede – hanno assunto la connotazione di opportunità per ripartire nella fiducia e con lo sguardo volto al futuro. Ed è quanto ci ha incoraggiato a fare papa Francesco con la lettera – indirizzataci lo scorso 12 marzo 2021 e riproposta nelle pagine seguenti – in cui ci manifesta la sua vicinanza e il suo sostegno in questo cammino esigente ma fecondo.

Si è trattato di una sorta di “ritorno in avanti”, un riandare all’essenziale e riprendere in mano la nostra vocazione monastica ed ecumenica dai suoi fondamenti: il Vangelo, innanzitutto, e poi la nostra Regola di vita che ad esso si ispira e rimanda in ogni sua pagina. Abbiamo così voluto confrontarci nuovamente con il testo che ciascuno di noi ha firmato davanti all’altare al momento della sua professione monastica. E lo abbiamo fatto riconnettendolo alle sorgenti dalle quali è sgorgato – la tradizione monastica d’oriente e d’occidente – e facendoci accompagnare da chi di quella tradizione è testimonianza vivente. Così la rilettura della nostra Regola intrapresa comunitariamente è stata accompagnata dalla sapienza e dalla fraternità di p. Erik Varden (esperto di padri siriaci, già abate trappista di Mount Saint Bernard in Inghilterra e ora vescovo di Trondheim in Norvegia) e da m. Maria Ignazia Angelini, già badessa di Viboldone. Il primo ci ha predicato gli esercizi spirituali a fine gennaio, ripercorrendo il rapporto dinamico e fecondo tra autorità e obbedienza, e ha poi assistito al nostro capitolo generale annuale, dove ha interagito con le nostre discussioni offrendocene una lettura empatica e al contempo arricchita da una salutare distanza. M. Maria Ignazia, dal canto suo, ci ha offerto e continua ad offrirci il dono della sua presenza, del suo ascolto e della sua parola durante le sessioni comunitarie in cui stiamo rileggendo tutti insieme e poi a gruppi i capitoli fondamentali della nostra Regola.

Ed è proprio attorno ai due elementi del celibato e della vita comune – impegni che caratterizzano la nostra forma di sequela battesimale del Signore – che ruota l’indispensabile ricentramento della nostra vita di fratelli e sorelle appartenenti a chiese diverse. Celibato significa sanità nelle relazioni interpersonali, crescita umana e spirituale nel rapporto con se stessi e con gli altri, cura delle ferite che il vivere insieme inevitabilmente comporta. In questo ci sta aiutando la competenza di don Enrico Parolari e di Anna Deodato, esperti di dinamiche psicologiche e comunitarie. Ma è anche il cammino intrapreso dalla équipe di formazione che abbiamo pensato di compaginare attorno al maestro dei novizi e alla maestra delle novizie, in modo da esprimere con concretezza la realtà che abbiamo sempre ritenuto decisiva: è la comunità nel suo insieme che forma quanti si accostano a lei per condividerne la vita.

Anche l’altro elemento proprio della nostra vocazione monastica, la vita comune, richiede vigilanza costante e matura consapevolezza ben al di là degli anni della prima formazione. È del resto nell’alveo della vita comune che da sempre a Bose riconduciamo gli impegni battesimali della povertà di chi serve Dio e non il denaro e dell’obbedienza di chi la offre a Dio e alla sua parola e non agli uomini. Qui è stata la pandemia a offrirci la possibilità di trasformare un evento negativo in opportunità di ritorno all’essenziale. L’ospitalità a tratti completamente assente e per pochi mesi comunque ridotta sensibilmente ci ha portato da un lato a una maggior sobrietà per far fronte alle minori entrate frutto del nostro lavoro, d’altro lato a un ritmo più intenso di vita solo tra noi fratelli e sorelle. Questo ha favorito sia una maggior consapevolezza dell’importanza del lavoro agricolo e della solidarietà con i più poveri, sia una rinnovata riflessione su quanto siamo realmente in grado di offrire agli ospiti e su quanto invece l’organizzazione di eventi con un numero di presenze sovente superiore alle nostre forze vada a scapito dell’attenzione alle singole persone che accogliamo.

In questo senso stiamo anche riflettendo su come riprendere con rinnovato slancio e con discernimento i convegni e le giornate che per anni ci hanno permesso di alimentare e far fruttare i nostri rapporti ecumenici. Come tutti in questo tempo di pandemia e di impossibilità a viaggiare e incontrarsi di persona, infatti, abbiamo anche noi cercato di rafforzare i legami spirituali che ci uniscono a fratelli e sorelle di altre confessioni e di altri paesi: la solidità e la fedeltà sperimentata in questi rapporti è garanzia che non mancheranno forme nuove e antiche per ribadire che la ricerca dell'unità visibile dei cristiani è condizione per la credibilità della loro testimonianza.

Riandare alla centralità della nostra vita comune ha significato anche ripensare ai rapporti tra i fratelli e le sorelle che vivono qui a Bose e quelli nelle nostre fraternità: la modalità, la frequenza, l’organicità dei momenti condivisi tra tutti, così come le soste di qualche settimana per aiutare nei diversi lavori o ancora la riassegnazione a una fraternità diversa sono tutte opportunità per sperimentare che il Vangelo e la Regola ci uniscono al di là dei luoghi in cui cerchiamo ogni giorno di viverli. Siamo un’unica comunità e gli spostamenti da una fraternità all’altra che si sono resi necessari ci hanno permesso di riscoprire e valorizzare questa unicità di fondo. Anche per questo stiamo cercando il modo di esprimere questa preziosa realtà in maniera eloquente e feconda, per noi stessi innanzitutto e per chi ci frequenta. L’introdurre in questa Lettera agli amici anche il racconto del vissuto nelle nostre fraternità vuole essere un piccolo segno in tal senso offerto a voi che ci leggete.

Così, assieme a voi, invochiamo lo Spirito santo affinché guidi tutti noi ogni giorno nella sequela del Figlio e ci sostenga come fratelli e sorelle nel compiere la volontà del Padre.

Bose, 23 maggio 2021, Pentecoste
Il priore Luciano e i fratelli e le sorelle di Bose


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