Giancarlo Ravasi - L'Esodo
19 marzo 2017
Gianfranco card. Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura
Nell’incontro di domenica 19 marzo, il cardinale Gianfranco Ravasi ci ha introdotti al libro dell’Esodo. L’esperienza centrale di questo libro, cioè la liberazione dall’Egitto, è alla base del cuore della fede del popolo di Israele: una fede per niente astratta, ma “storica, innervata nelle vicende contorte della storia” che definisce il Signore come colui che fa uscire il suo popolo dall’Egitto.
L’Esodo è composto da sei parti: la schiavitù; le piaghe d’Egitto, il vero e proprio esodo; il deserto, il Sinai e infine il culto. La sua anima è il viaggio, il movimento, il cammino. Un’anima che attraversa, tra l’altro, tutta la Bibbia. Il movimento verso un oltre, verso un futuro, verso una meta che non si conosce: è rischio. Il verbo dell’Esodo è “uscire”, come esperienza fondamentale umana, religiosa, sociale. La vicenda dell’esodo è anche “vicenda dai contorni concreti che però viene letta dalla Bibbia in chiave teofanica”: mostra un Dio che si rivela “attraverso la pasta oscura delle vicende umane, degli eventi”, all’interno delle quali siamo chiamati a scegliere, cercando di trovare la voce di Dio, una “voce esile, sottile, nascosta, la voce della storia”, nella schiavitù e nella liberazione.
Nella seconda parte dell’incontro il cardinal Ravasi si è addentrato del Decalogo, inserendolo nella cornice dell’alleanza, categoria teologica che “rappresenta Dio in relazione, in contatto, in compagnia di un popolo”. Il Decalogo inizia con comandamenti teologici, che riguardano il primato di Dio e presuppongono la fede e la rivelazione, e prosegue con i comandamenti orizzontali, che riguardano la natura umana, in cui ognuno può trovare “ciò che manca e ciò che deve cercare”. Anche se costruiti in negativo, i comandamenti esortano infatti alla pratica del comandamento in positivo. Così farà poi Gesù, soprattutto nel “discorso della montagna”: prenderà i comandamenti cercando di “strattonarli verso la loro pienezza”, spingendo i suoi interlocutori verso quella libertà capace di coinvolgere la vita nella sua totalità.