Il tesoro del cuore e l’occhio semplice

Foto di Walter Randlehoff su Unsplash
Foto di Walter Randlehoff su Unsplash

27 febbraio 2024

Mt 6,19-23

In quel tempo Gesù disse:" 19Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; 20accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. 21Perché, dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
22La lampada del corpo è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; 23ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!


All’interno del discorso della montagna i versetti di oggi seguono le parole di Gesù su elemosina, preghiera e digiuno. In particolare l’insegnamento sulla preghiera ci “consegna” il Padre Nostro, il cuore di tutto il discorso delle beatitudini, che ci rivela un Dio che abita il cuore dell’uomo, presente e attento a tutto ciò di cui ha bisogno, perché capisce e abita il segreto dei nostri desideri.

L’insieme dei versetti da 6,19 a 7,12 è proprio centrato sull’abbandono fiducioso alla “provvidenza” divina che sgombra il nostro cuore dalle preoccupazioni e affanni quotidiani (6,25-34). In fondo quello che è chiesto è di porre la fiducia nel Signore, con pace e tranquillità, cercando di far crescere quella “fede piccola” che l’evangelista rimprovera ai suoi ascoltatori (6,30).

Le parole sul “vero” tesoro e sull’occhio “semplice” mostrano un aspetto di questo cammino di abbandono fiducioso. Un tesoro letteralmente richiama qualcosa che è accumulato, che si incrementa poco alla volta, crescendo come un una montagna. Una cosa dopo l’altra che viene messa da parte, frutto di una ricerca di ciò che riteniamo prezioso e importante per noi. Non si tratta solo di beni materiali, ma anche dei nostri progetti, delle nostre convinzioni, delle nostre capacità e abilità intellettuali o pratiche. Ognuno ha un suo tesoro che appunto “vive” con lui e anzi diventa una cosa sola con il proprio cuore, inteso nel senso biblico di nucleo pulsante della vita dell’uomo. Ma se questo tesoro non è condiviso, messo in relazione con ciò che ci circonda, non aperto al confronto, se è sempre e solo un oggetto del proprio autocompiacimento allora va in rovina. Si copre di una coltre opaca e amorfa, la ruggine. Si auto-consuma perché non ha anticorpi alle sue “tarme” ovvero crucci vari che scavano e scavano. E allo stesso modo il nostro cuore, i nostri sentimenti, le nostre emozioni si spengono e si immiseriscono.

Il vangelo ci sprona, ci spinge ad aprire i nostri scrigni, a vivere nel regime del dono, della libertà rispetto a quello che è prezioso per noi, consapevoli e convinti che chi perde la propria vita la guadagna (cf. Mt 16,25) e chi lascia casa, campi, fratelli ne riceverà cento volte tanto (cf. Mt 19,29). Come ha fatto Gesù.

Le parole sull’occhio pongono una domanda simile: come è il nostro sguardo sulla realtà? E il testo ci dice che può essere uno sguardo “cattivo”, ovvero uno sguardo che vede attorno a noi dei nemici del nostro bene e quindi ci porta a divenire gelosi di quanto abbiamo (l’avarizia) oppure ci fa dimorare in una situazione di continuo confronto con quello che hanno “gli altri” (l’invidia).

Il vangelo ci parla invece di un occhio “semplice”, letteralmente che è d’un solo pezzo, che non ha diaframmi o divisioni in sé. Si può collegare al termine “intero, perfetto” usato in Mt 5,48. Un occhio che ci fa vedere la realtà come un tutt’uno, come un dono grande del Signore e non come un possesso a nostro unico e esclusivo beneficio. E ciò si riflette in noi stessi, perché se l’occhio è quel pertugio che conduce luce nella nostra persona, esercitarsi allo sguardo di Dio sul mondo ci porta allora a comprendere lo sguardo di Dio su di noi. E a vivere alla luce di questo sguardo: non siamo forse noi il suo tesoro? 

fratel Marco


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