Porta, via, meta

Foto di Sten Bergman su Unsplash
Foto di Sten Bergman su Unsplash

1 marzo 2024

Mt 7,12-20

In quel tempo Gesù disse:" 12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
13Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. 14Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! 15Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! 16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li riconoscerete.


Nonostante questa pagina del vangelo riecheggi con sonorità note ai nostri orecchi di ascoltatori della Parola, forse non risuona più con la cacofonia della sua stridente drammaticità. Morte e vita qui stanno una davanti all’altra, e noi in mezzo. Come stare in questo “tra” la vita e la morte che segnano la nostra esistenza come suo inizio e sua fine, e che poi la intessono in ciascuno dei suoi giorni, in cui eventi, sentimenti, pensieri di vita e di morte si intrecciano e combattono fuori e dentro di noi?

Porta, via e meta – ci dice il vangelo di oggi nella sua parte centrale (cf. vv. 13-14) – sono soglie e itinerari segnati dalla vita e dalla morte: a noi scegliere la qualità vitale di ciascuna di esse e lottare per non farci attrarre, sedurre e vincere dal segno di morte possibile in ciascuna di esse. Porta, via e meta sono dimensioni interrelate, intrecciate; il modo in cui viviamo ciascuna di essa condiziona il modo in cui viviamo le altre: quale responsabilità queste parole ci pongono davanti!

La prima immagine è quella della porta, ovvero della soglia, icona delle tante porte, delle numerose soglie che le nostre esistenze attraversano. Soglie che segnano passaggi nelle nostre vite, e ne condizionano la qualità: da come le attraversiamo dipende l’orizzonte che si apre dopo l’attraversamento, dipende l’aldilà di esse. Può essere un paesaggio verso la luce della vita o un regresso nell’ombra della morte. Ogni giorno. Per questo la porta è stretta, ma non ristretta: non chiude, ma dilata orizzonti. È stretta perché ci costringe a scegliere. È fatta, la porta, per porre una domanda a chi si avvicina: “Dove vuoi andare, e come?”. Eludere queste fondamentali domande significa non scegliere, e dunque non vedere la porta, perdere l’occasione di farsi le domande fondamentali: la porta diviene larga, così larga da scomparire…

La porta segna poi, sempre, una via: passarvi attraverso significa orientare i propri passi verso una direzione precisa, una scelta chiara. Senza porta, o con una porta tanto larga da non essere più porta, non ci orientiamo, restiamo vagabondi, sempre in balia di perderci “nell’ombra di morte” (Lc 1,79). E così anche la via diventa tanto spaziosa da non segnare più la direzione… La via angusta non ci deve dunque spaventare: è tale perché è la nostra via, quella a nostra misura, personalissima, e per questo vitale. E per questo la “via che conduce alla vita” non è mai affollata: è un sentiero in solitaria, in cui siamo posti di fronte a noi stessi, alla solitudine del nostro cuore.

Queste sono le condizioni essenziali per camminare nella via che ha la vita come meta, ovvero – come ci narrano i seguenti vv. 15-20 – per portare il buon frutto che nasce da un cuore ben coltivato. “Scegli dunque la vita, e vivrai” (Dt 30,19): per vivere, ovvero camminare sulla via che conduce alla vita, occorre scegliere la vita, occorre cioè avere un “dentro” (v. 15) ben orientato verso la vita, un cuore che ha accettato la sfida di scegliere di attraversare le tante porte invisibili, e per questo strette, della vita. E camminare… camminare in solitaria, immersi in una sola voce, che ci sussurra: “Io sono la porta” (Gv 10,7), “Io sono la via”, “Io sono la vita” (Gv 14,6).

fratel Matteo


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