La forza dell’amicizia
13 giugno 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 11,5-13 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù 5 disse: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», 7e se quello dall'interno gli risponde: «Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
L’amicizia è quella relazione umana che permette di chiedere qualcosa che non si oserebbe chiedere a nessuno, se non fosse amico, come avviene nel nostro testo: chi oserebbe andare a svegliare qualcuno a mezzanotte perché è giunto da lui un amico al quale si desidera offrire almeno un pezzo di pane? Sarebbe semplicemente pura follia, se non ci fosse amicizia.
Nella parabola narrata da Gesù, l’amico disturbato in piena notte, al quale si chiedono tre pani, non è altro che Dio stesso. Dio davvero sorprendente, perché se siamo soliti attribuirgli molte virtù e qualità, a nessuno verrebbe in mente di parlare di Lui come del suo amico! Di un essere umano, magari come Abramo, si dirà che è “l’amico di Dio” (cf. Gc 2,23), o, come a proposito di Mosè, che Dio “parlava con lui come uno con il proprio amico” (Es 31,11).
Ma chi oserebbe dire: “il mio amico, Dio”? Eppure proprio a questo Gesù ci invita, lui che già ci sorprende quando, pregando Dio, lo chiama: “papà” (dicendogli abba). Dio è quell’amico che, anche se non si alzasse a dare i pani che ci servono perché è nostro amico, almeno per la nostra sfacciataggine si altererebbe per darci ciò che ci occorre.
Vi è quindi ancora qualcosa di più dell’amicizia. Gesù non ci invita solo a considerare Dio come il nostro amico, ma ci dice addirittura che Egli prova quasi piacere a essere disturbato, anche in piena notte (anzi nel pieno delle nostre tante notti): “Ebbene, io vi dico: chiedete e vi darà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.
Nei verbi “chiedere, cercare e bussare” del v. 9 c’è evidentemente l’idea dell’insistenza, della testardaggine nel chiedere, come nella parabola della vedova e del giudice ingiusto (Lc 18,1-8), il quale, alla fine, rese giustizia alla vedova per paura che essa lo “maltratti” (Lc 18,5, il verbo è molto forte e non privo di ironia: significa letteralmente “colpire sotto gli occhi”, “fare un occhio nero”) e che egli perda la faccia.
L’immagine diventa ancora più significativa se ricordiamo che proprio questo versetto 9 è stato utilizzato, fin dai tempi antichi (già da Origene, all’inizio del III secolo), per dire l’importanza della lettura spirituale della Bibbia. È stato poi ripreso nel Medioevo dal certosino Guigo II, anch’egli per illustrare la lectio divina. In questo caso si capisce perché Dio prenda piacere a essere disturbato da un amico.
Quel disturbo è infatti il segno della forza dell’amicizia per Dio di chi persevera nel cercare, nello scavare, nel visitare le Scritture per scoprire il volto di Dio. Agisce così perché rifiuta di farsi un’immagine di Dio che corrisponda ai suoi desideri, ma non rinuncia a credere che Dio abbia un volto che le Scritture, appunto, possono rivelargli. Sa che oggi si può vedere Dio solo “di schiena” (Es 34,23), cioè dopo che abbia agito; vedere Dio “a posteriori” è ciò che di Lui si può vedere nella lectio. Chi però persevera nella lectio lo fa con la certezza che un giorno potrà vedere Dio “faccia a faccia” e parlargli come uno parla con il suo amico (cf Es 33,11).
fratel Daniel