Un seme sparso a piene mani
23 luglio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 13,1-9 (Lezionario di Bose)
1 Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».
Il modo di coltivare tipico del medio oriente al tempo di Gesù è molto diverso da quello di oggi, in particolare in occidente. Oggi si cerca la sicurezza che là dove cade il seme il terreno sia fertile perché possa rendere al massimo; nella parabola di Gesù, al contrario, il seme viene sparso ovunque anche in punti in cui è evidente che non potrà crescere niente.
La parabola che Gesù ci narra dunque è ben lontana dall’efficienza e dalla ricerca di guadagno da cui sono mosse le tecniche di agricoltura di oggi. Sembra che Gesù ci parli di un modo di seminare un po’ illogico. Ma in realtà una logica, magari non immediata, è sottostante. Il seminatore ha di fronte a sé diverse tipologie di terreno, molte delle quali non sono adatte al seme, almeno in apparenza. Nonostante questo, la decisione del contadino è di seminare ovunque.
L’immagine di gettare il seme in ogni luogo è simile all’immagine di Gesù che, all’inizio del nostro brano si pone di fronte alla folla su una barca, perché la sua parola possa essere annunciata a tutti. Non si chiede in che misura sarà ascoltata, ma la sua preoccupazione è che possa raggiungere chiunque ha il desiderio di mettersi in ascolto.
Gesù, il seminatore, ha il compito di annunciare e seminare, chi ascolta o il terreno ha il compito di fare germogliare e fare crescere il seme della Parola.
Nella parabola Gesù parla di terreni con delle caratteristiche molto lontane tra loro, come se si trattasse di realtà molto diverse. In realtà, a meno che non si abiti in zone particolarmente fertili, i campi presentano sempre delle zone più o meno fertili, più o meno sassose, più o meno infestate da rovi. Questa situazione può condurci a interrogarci sullo stato del nostro cuore. Luogo dove può germogliare e crescere la Parola o luogo in cui può essere soffocata dai rovi, o ancora luogo in cui il seme può rimanere senza germogliare. Non si tratta di cercare lontano da noi le condizioni ideali per ascoltare e fare germogliare la Parola e neppure si tratta di credere che in noi ci sia solo terra fertile. Il Vangelo di oggi ci chiede di assumere che in noi ci sono zone in cui il seme della Parola germoglia e cresce e altre in cui non riesce a spuntare. Questa condizione non è statica, ma è nelle nostre possibilità creare un terreno fertile nel nostro cuore: dissodarlo, pulirlo dai rovi o mantenerlo produttivo là dove lo è già.
In questa parabola in cui si mette a contrasto il bene e il male, il terreno buono e il terreno cattivo si potrebbe essere presi dallo sconforto, perché se non si ha il terreno buono non possiamo produrre niente; invece, Gesù ci spinge ad avere speranza. Istintivamente noi vorremmo che le cose si svolgessero in maniera lineare, Gesù ci dice che le difficoltà occorre attraversarle. I rovi, le pietre vanno levati dal terreno. Questa parabola ci parla sì delle difficoltà e anche degli insuccessi, ma anche e soprattutto della sorpresa di un frutto insperato. Frutto che arriverà se abbiamo fiducia nella Parola che ci viene donata, se ce ne prendiamo cura preparando, dissodando e custodendo il terreno del nostro cuore.
sorella Beatrice