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Témoignage et martyre dans la Bible

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Fresque,  Rome
Martyre de saint Étienne
Bose, 30 octobre 2008
Symposium œcuménique
par ENZO BIANCHI
Il vaut toujours la peine de vivre et de mourir pour le Chirst: le martyre en témoigne de manière ponctuelle
Symposium œcuménique international

Conférence d'ENZO BIANCHI
Bose, 30 octobre 2008

TEXTE ORIGINAL ITALIEN 

 

Introduzione

Chi rende testimonianza (ho martyrôn) alla verità, difendendola con le parole o con gli atti, può a giusto titolo essere chiamato «testimone» (mártys). Ma secondo la consuetudine dei fratelli colpiti dai comportamenti di quelli che hanno combattuto fino alla morte per la verità, non si usa «martire» (mártys), in tutta la forza di questo termine, se non per quanti nell’effusione del sangue hanno reso testimonianza (martyrésantas) al «mistero della pietà» (1Tm 3,16).

Queste parole di Origene (metà del iii secolo d.C.) nel suo Commento a Giovanni (ii,210) si prestano bene a introdurre una riflessione sul tema della testimonianza/martirio nella Bibbia. È noto infatti che i termini greci martyréo/martyría/mártys, che appartengono originariamente alla sfera del linguaggio legale con il valore di «testimoniare, fare una dichiarazione pubblica», hanno iniziato ad essere utilizzati come vocaboli tecnici per indicare il martirio solo nelle Passiones e negli Acta Martyrum del ii secolo, in coincidenza con la persecuzione diffusa dei cristiani da parte dell’impero romano. Nella versione dei lxx e nel Nuovo Testamento – con qualche rara eccezione – martyréo e affini sono invece utilizzati con il valore di «testimoniare, rendere testimonianza», così come la radice ebraica sottostante ‘ud (da cui ‘ed, «testimone»).

Sappiamo pure che nei vangeli secondo Marco (cf. Mc 14,55-56.59.63) e Matteo (cf. Mt 18,16; 26,65) il linguaggio della martyría è sempre limitato allo spazio legale, mentre in Luca (vangelo e Atti) esso assume anche un significato più largo, quello del rendere testimonianza a Gesù (cf. Lc 4,22; At 1,8) e alla resurrezione (cf. Lc 24,48; At 1,22; 3,15). Nel quarto vangelo, poi, questo vocabolario descrive la missione di Gesù e, di conseguenza, quella dei discepoli: il verbo martyréo, che ricorre ben trentatré volte, è utilizzato per esprimere riassuntivamente la testimonianza di Gesù resa al Padre (cf. Gv 5,36) – e viceversa (cf. Gv 8,18) – , alla verità (cf. Gv 18,37), alla luce (cf. Gv 1,7-8); si noti però che mai Gesù è definito mártys.

Ma a prescindere da queste considerazioni di carattere lessicale, mi pare più importante riflettere sulla realtà del martirio: quella di una testimonianza pubblica della fede in Dio e in Gesù Cristo data da uomini e donne, testimonianza che giunge fino alla morte violenta e che, a partire da una certa epoca, viene designata con il termine riassuntivo di «martirio». In questo senso è innegabile che le Sante Scritture presentino modelli di «martiri» ante litteram sui quali i credenti cristiani, fin dalle prime generazioni, hanno meditato per rinsaldare la loro fede.

Cercherò dunque di analizzare le più significative figure di testimoni/martiri presenti nella Bibbia, modelli esemplari che attestano la continuità della tradizione del martirio per i credenti della Prima e della Nuova Alleanza.