Tra necessità e desiderio

Foto di Peter Bedor su Unsplash
Foto di Peter Bedor su Unsplash

15 febbraio 2024

Lc 9,22-25

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: « 22«Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?


“Ricordatevi della parola che vi ho detto: ‘Un servo non è più grande del suo padrone’. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20).

Se la pericope evangelica di ieri ci presentava gli strumenti della nostra vita di credenti, quella odierna ci indica la strada: l’una e gli altri ci vengono ricordati all’inizio di ogni Quaresima per orientare il nostro cammino non solo verso la Pasqua ma anche e soprattutto verso il Risorto, colui che viene. È comprensibile, però, che un brano forte come il nostro possa suscitare in noi resistenze, a partire dal “deve” iniziale, che potremmo tradurre anche con “bisogna”, “è necessario” per segnalare che ci troviamo nel regime della necessità, di fronte al quale non esistono scappatoie. 

Necessità che a tanti può dare la sensazione di costringere e restringere la vita, fino a stritolarla. È una lettura possibile della vicenda umana di Gesù che, nel racconto lucano, si mostra particolarmente consapevole di questo destino. Del resto, se Dio prova un disgusto invincibile per ciò che fra gli uomini è esaltato (cf. Lc 16,15), potrebbero mai gli uomini abituati a regolarsi sul principio dell’occhio per occhio, dente per dente non ricambiare lo stesso disgusto, riversandolo su colui che Pietro ha appena riconosciuto come “il Cristo di Dio” (Lc 9,20), dapprima con il rifiuto espresso dai primi, dai potenti e dai detentori del sapere, quindi con gli insulti, le percosse e la soppressione della sua vita? E, a cascata, potranno non riservare lo stesso trattamento a chi lo segue?

A fronte della necessità condensata in quel “deve”, Gesù apre a tutti e a ciascuno una possibilità: “Se qualcuno vuole”. Questo volere è un altro nome del desiderio, motore delle nostre vite, a cui tante volte si è appellato Gesù nei suoi incontri (cf. Gv 5,6; Mc 10,51): la volontà, che possiamo dirigere su cammini di vita o vie mortifere. Paradossalmente, queste ultime sfoggiano un’apparenza ingannevole: la promessa di salvarsi da soli, quindi di conquistare il proprio posto al sole e, in un crescendo, la prospettiva satanica di guadagnare il mondo intero (cf. Lc 4,6) che presto o tardi si rivelerà falsa. Al contrario, colui che è venuto a cercare e a salvare chi agli occhi del mondo è perduto e non vale niente (cf. Lc 19,10; 4,18) è stato per questo respinto dai potenti e dai dotti, e lo è ancora oggi nei suoi discepoli, in coloro che desiderano seguirlo perché riconoscono in lui colui che dà la vita in abbondanza e, spinti da questo desiderio, accettano di rinunciare a sé e di portare ciascuno la propria croce, ogni giorno. 

Questa croce per alcuni può consistere nell’accogliere situazioni dolorose senza averle cercate; per altri, può diventare molto di più, fino a fare della perdita della propria vita un dono fiducioso nelle mani di colui che ci ha amati. Così fece Stefano pochi anni dopo la morte in croce del suo maestro e Signore, così hanno fatto in questo stesso giorno, pochi anni orsono, i ventuno martiri copti di Libia che papa Francesco ha voluto inserire nel Martirologio romano.

fratel Federico


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