Immensità del comandamento

Foto di Mihai Lazăr su Unsplash
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23 febbraio 2024

Mt 5,27-37

In quel tempo Gesù disse:" 27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. 31Fu pure detto: «Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio». 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. 33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: «Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti». 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno.


Ascoltiamo oggi un’altra sezione delle cosiddette antitesi del discorso sul monte. Gesù non pronuncia parole contro la Legge, vuol far parlare la Legge antica, che vuole essere l’indicazione di un cammino, di una strada per imparare a vivere e ad amare. Dopo aver dichiarato di essere venuto a dare pieno compimento alla Legge e ai Profeti, fa seguire cinque esempi, cinque antitesi. Forse al posto del “ma io vi dico” (vv. 28.32.34) sarebbe meglio tradurre “ebbene, io vi dico”, vi dico parole che vanno al cuore della Legge rivelando la sua intenzione. “Di ogni compimento ho visto il termine: immenso è il tuo comandamento”, canta il Salmo 119,96. Gesù ci rinvia all’immensità, alla profondità del comandamento, delle parole che Dio ha donato all’uomo perché gli indichino la via della vita quale lui l’aveva sognata per ogni sua creatura. Il testo odierno ci propone l’ascolto della terza e della quarta antitesi. 

La terza antitesi concerne il tema dell’adulterio. Gesù cita la parola donata da Dio attraverso Mosè: “Non commetterai adulterio” (Es 20,14) e cerca di svelarne la profondità, l’ampiezza, il senso ultimo. L’adulterio è un fallimento del rapporto di alterità; nasce dal desiderio di possedere l’altro, l’altra. Non è cosa malvagia il desiderio, è segno di vita. Chi non desidera nulla è malato o è morto! Ma a differenza del bisogno che indica un vuoto che può essere colmato, il desiderio umano è per sua natura insaziabile, è costantemente rilanciato. Una volta appagato un desiderio, ne emerge un altro. Le parole di Agostino: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te” (Confessioni I,1) esprimono questa impossibilità di trovare piena soddisfazione dei nostri desideri su questa terra. Siamo insaziabili! Il credente mette davanti a Dio ogni suo desiderio (cf. Sal 38,10), e sa che i suoi molteplici e frammentati desideri vanno educati, orientati, unificati nell’unico desiderio di Dio, cioè dell’amore, che converte il cuore a un amore rispettoso dell’altro, dell’altra, all’accettazione che non siamo padroni né della nostra vita né di quella degli altri. Convertire il desiderio: è un cammino che conosce cadute e deviazioni. Si impara a poco a poco, e occorre avere misericordia e comprensione per chi ha fallito. 

La quarta antitesi concerne il giuramento, o meglio, l’adulterare la parola. È un ammonimento a non svilire la parola. “Il vostro parlare sia: ‘Sì, sì’, ‘No, no’” (v. 37). Qual è la nostra responsabilità nell’uso della parola? Il libro dei Proverbi afferma lapidariamente: “Morte e vita sono in potere della lingua” (Pr 18,21). Quale uso facciamo della parola? Essa, ci ricorda il Vangelo secondo Luca, “esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Lc 6,45). Se il nostro cuore è abitato dalla parola di Dio, allora le nostre parole saranno un’eco della parola di Dio, parole di vita e di amore che non hanno bisogno di nessun altro fondamento, di altra giustificazione. E parola, mi sembra, non è solo il nostro dire, ma anche il nostro essere, il nostro agire, che parla anche se restiamo in silenzio. “‘Sì, sì’, ‘No, no’”, ci rinvia anche alla coerenza tra parola e prassi. “Il di più viene dal Maligno” (v. 37), anche ogni tentativo di giustificare la nostra incoerenza.

sorella Lisa


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