Un incontro per fare verità in sé stessi

Foto di René Porter su Unsplash
Foto di René Porter su Unsplash

12 marzo 2024

Mc 10,17-27

In quel tempo 17mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».


La pagina odierna del vangelo ci presenta l’incontro tra un uomo e Gesù. Sappiamo quanto gli incontri con le altre persone siano vitali e generativi di comunione, di fraternità e di possibilità di confronto. Di alcuni incontri arriviamo a comprendere pienamente il dono solo a distanza di tempo: come gemme preziose costellano la nostra vita, intessuta degli incontri che abbiamo fatto e di come li abbiamo vissuti, così come anche delle fatiche e delle delusioni sperimentate. 

Qui si narra di un incontro che potrebbe essere l’inizio di un legame tra quest’uomo e Gesù stesso, che però fallisce. Come noi, anche Gesù, nel suo incontrare le persone, è esposto alla libertà dell’altro e corre il rischio che l’altro rifiuti la relazione che gli viene offerta. 

Gesù sta camminando per strada, lungo la “via” che lo condurrà a Gerusalemme, e un tale gli corre incontro, gli si getta innanzi in ginocchio e lo interroga: sono azioni che ne esprimono l’urgenza, la sete. L’uomo non ha “nome”, è una figura anonima, definito genericamente da Marco “un tale”; la sua identità però si delinea nei gesti e nel dialogo con Gesù. Potremmo dire che traspare dalla domanda stessa che pone al maestro: “Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. È un interrogativo decisivo, perché riguarda la vita e la possibilità di viverla in modo sensato, senza sprecarla. Una domanda che ci portiamo dentro e che muove le nostre esistenze.

L’uomo si mostra disposto a darsi da fare e ad accogliere le parole di Gesù. Questi, quasi schermendosi, gli risponde con un’altra domanda che lo riporta a sé stesso: “Perché mi chiami ‘buono’?”, e lo rinvia alle parole che Dio ha consegnato al suo popolo, perché possa camminare nelle sue vie e avere vita. Se le metterà in pratica, avrà già una buona traccia di cammino verso la libertà e la maturazione umana.

“Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. “Tutto qui?”, sembra chiedersi, quasi lasciando trapelare un “tutto” che non sazia completamente la domanda che si porta dentro. Un tutto di osservanze, impegni, diversivi in cui a volte corriamo il rischio di rinchiuderci e che Gesù è venuto a scardinare offrendoci il suo amore e la possibilità di costruire una relazione con lui

“Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò”. Rivelando poi all’uomo di essere manchevole, scava in lui un possibile spazio perché la sua Parola trovi fecondità e lo invita a mettersi in cammino: “Va! Vieni!”: supera la logica del fare e accogli la proposta di vita che ti rivolgo! 

Ogni relazione nel farsi storia comporta dei rischi. Per l’uomo in questione, per ogni discepolo, il rischio da correre è lasciare andare i propri beni, le proprie sicurezze per non lasciarsene saturare, ritrovandoli invece bene investiti nella loro condivisione. È accettare la propria mancanza per fare spazio all’incontro con l’altro. 

L’incontro con Gesù conduce l’uomo a fare verità in sé stesso: egli misura tutto il peso dei suoi attaccamenti che gli impedisce di affidarsi al Signore, di credere al suo amore e di camminare con lui. Fattosi triste, torna sui suoi passi. Per Gesù questo incontro ha avuto un epilogo forse inaspettato; può solo constatare quanto sia difficile entrare nel Regno di Dio per chi possiede tante ricchezze.

fratel Salvatore 


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