Il volto di chi persevera

Foto di Yann Allegre su Unsplash
Foto di Yann Allegre su Unsplash

11 dicembre 2025

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 24,1-14 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, 1mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».
3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di' a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo».
4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: «Io sono il Cristo», e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori.
9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell'iniquità, si raffredderà l'amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine».


Gesù esce, se ne va dal tempio dopo un’intensa disputa con le autorità, e si siede sul Monte degli Ulivi. È qui che inizia il cosiddetto “discorso escatologico”, il discorso sulla fine. Spesso infatti è necessario uscire, prendere le distanze da una realtà per poterla vedere sul serio, per non lasciarsi assorbire e stordire, ma esaminarla con lucidità. 

Così, è uscendo dal tempio che Gesù può riflettere sul mondo e su quanto di mondano si trova pure nel tempio; così anche noi è guardando la chiesa da fuori, dalle periferie e magari con gli occhi di chi non vi si riconosce pienamente, che potremo distinguere cosa in essa è destinato a perire e quali sono invece le pietre vive (1Pt 2,5) capaci di proiettarla oltre la fine.

Gesù siede sul monte, il Monte degli Ulivi, il monte della sua passione (Mt 26,30) ma anche il monte da cui i profeti attendevano il ritorno del Signore (Zc 14,4-5), e da lì guarda al tempio e al mondo, e vi discerne molte ombre e un’unica luce.

Effettivamente, le ombre sono proprio molte. Questo aggettivo torna incessantemente nelle sue parole, martellante e inquietante come un tamburo di guerra: molti sono i falsi salvatori e molti quelli che si lasciano ingannare; molti quelli che si abbandoneranno al cinismo e si consegneranno all’odio e all’opportunismo; molti sono quelli che vedranno raffreddarsi il loro amore e molti, evidentemente, anche i conflitti, moltiplicati all’infinito dall’eco roboante dei loro rumori.

Il “molto” piace enormemente al male, così affascinato dal frastuono indistinto e dalle masse senza volto. Il molto anonimo piace al male, mentre Gesù in questa massa spersonalizzata fissa lo sguardo su uno solo, un “chi” a cui ciascuno di noi è chiamato a dare il proprio volto. Chi persevererà fino alla fine sarà salvato – dice – desiderando segretamente che tu risponda: voglio essere io!

Molti si perdono nelle molte tenebre, ma lo sguardo pieno di fiducia di Gesù si posa su di te (Mc 10,21) invitandoti a perseverare, almeno tu, fino alla fine, tenendo stretta in mano l’unica lampada, quella del vangelo del Regno che brilla della luce calda di un amore non intiepidito.

Allora, e solo allora, sarà la fine, quando alla luce di quest’unica luce il mondo intero potrà vedere la luce (Sal 36,10), riuscirà a comprendere che il male può solo dare inizio ai dolori, alle doglie del parto, mentre a stabilire il tempo della fine è il bambino che nasce

A decretare la fine non sono i dolori, le angosce, la stanchezza di un mondo che si esaurisce come un corpo che si disfa, ma la maturità di una vita nuova che nel suo vecchio grembo sta ormai allo stretto. Chi avrà perseverato fino a questa fine sarà salvato.

fratel Gianmarco