Una regola per la vita

“Fratello, sorella, uno solo deve essere il fine per cui tu scegli di vivere in questa comunità: vivere radicalmente l’Evangelo. L’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema. Tu sei entrato in comunità per seguire Gesù. La tua vita dunque si ispirerà e si conformerà alla vita di Gesù descritta e predicata nell’Evangelo” (Regola di Bose § 3).

Così la nostra regola monastica pone se stessa come ancilla del Vangelo, un servizio reso ai fratelli e alle sorelle della comunità perché possano camminare più speditamente e insieme sulle tracce di Cristo.

Durante la celebrazione della compieta domenicale, il priore fr. Luciano sta commentando in modo continuativo il testo della nostra regola monastica nella forma di ammonizioni. Dal latino ad-monere, in cui monere significa “ricordare”, l’ammonizione è un far ricordare ciò che si può dimenticare, è un rimandare il corpo comunitario all’essenziale della sua vocazione, un riportarlo ai fondamenti della sua vita e all’autenticità del segno che è chiamato ad essere di fronte alla Chiesa e al mondo.

Pubblicandole nel sito, le offriamo come aiuto alla vita spirituale di coloro che le leggeranno: queste parole non dicono nulla di nuovo, ma potranno aiutare ciascuno – nella condizione di vita in cui si trova – ad ascoltare la voce del Signore che chiama sempre alla conversione e al ritorno al Vangelo, regola di vita di ogni cristiano.

La gioia di generare vita

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Accoglierci gli uni gli altri come un genitore accoglie un bambino è occupare l’ultimo posto e farsi servo di tutti. Ma la prospettiva non è di lamento per la fatica del servizio o per il peso che gli altri sono. La prospettiva è di gioia per il crescere di un’altra vita. Di amore e felicità per la vita che si trasmette.

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Appartenenza e formazione di sé

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L’appartenenza alla comunità non la si crea con legami di dipendenza, né con soggezioni psicologiche, né con riferimenti affettivi a un’unica persona, né delegando un altro a darci la vita che non troviamo in noi. È vitale una figura che accompagni, ma è anche importante apprendere l’arte di autoeducarsi, di fare di ogni occasione della vita, anche gli incidenti e le crisi, un possibile momento costruttivo, formativo.

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Liberati grazie agli altri

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Il lavoro della liberazione è volto a liberarci da quegli ostacoli profondi che abbiamo costruito in noi stessi per difenderci dal dolore del vivere. In questo lavoro, che spetta a ciascuno di noi, è essenziale la presenza degli altri: amandoci, ci svegliano alla nostalgia della bellezza della relazione e ci spronano a pensare l’altro, a tenere conto di lui, a vivere per lui, a immaginare ciò che per lui è bello e a perseguirlo fattualmente.

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Ricominciare ogni giorno dalla resurrezione

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Il monaco è una persona che ogni giorno inizia. Vive ogni giorno come fosse il primo. Come fosse una nascita. Non schiavo del passato e delle abitudini, ma capace di innovare, di riprendersi, di guardare avanti. Atteggiamento umano e spirituale che nasce dal nucleo centrale della fede: la resurrezione. Ogni mattina di ogni giorno è offerta di nuovo inizio, è promessa di novità, è apertura all’avvento, è vocazione, appello alla vita, e questo perché anch’essa è memoria della resurrezione. Ed è possibilità di ricominciare dopo le cadute, dopo le crisi, dopo le morti che conosciamo in vita e che accompagnano il nostro vivere.

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Obbedienti perché liberi

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Persona formata è chi non trova fuori di sé il movente per vivere, ma ha assodato e interiorizzato le motivazioni che reggono la sua vocazione. Tutto questo si può riassumere sotto la parola libertà: è il livello di libertà che indica la qualità della persona. Affinché il rapporto tra individuo e comunità sia sostenibile, occorre una libertà di fondo della persona.

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