Resurrezione: speranza resa possibile
La resurrezione è al cuore della storia, è il fondamento della fede, la realtà più essenziale e indispensabile che dà consistenza a tutto il resto, senza la quale tutto va a fondo. Nel contempo, sembriamo però aver paura della resurrezione: è troppo bello o troppo difficile o troppo lontano. Abbiamo paura di parlarne. E tuttavia se ne parliamo in modo sentito, con passione, l’essere umano si apre e il suo sguardo si illumina. Infatti l’essere umano ha dentro di sé una sete profonda di vita, di resurrezione, di assoluto. L’essere umano ha bisogno di un linguaggio pasquale, ha bisogno di farsi uno sguardo pasquale, ha bisogno della resurrezione di Cristo. E non soltanto, ma ha bisogno di sentire e provare la resurrezione di Cristo come una realtà vissuta e dunque possibile, verificabile a partire da una testimonianza, da una vita, dalla realtà concreta di tutti i giorni. L’essere umano ha bisogno di verificare nell’altro la verità della resurrezione di Cristo. Ha bisogno di scoprire e di sentire la speranza come qualcosa di possibile, perché qualcosa di vissuto. Ha bisogno di fare questa esperienza esistenziale della resurrezione di Cristo per interessarsi alla vita e alla propria resurrezione. Non sono i discorsi, né le parole a insegnarglielo … Ora, se c’è un luogo in cui il discorso deve cedere il posto alla realtà vissuta è proprio nell’eucaristia compresa come centro di resurrezione. È senza dubbio importante che l’eucaristia sia la manifestazione del Risorto nel segno del pane e del vino ma, in modo ancora più reale, sia luogo di resurrezione, cioè la manifestazione del Risorto nel segno dell’essere umano, nella sua azione, nella sua vita. Perciò è necessario che l’eucaristia fondi un senso, generi la vita, infonda la vita nell’essere umano, nella sua miseria, nella sua quotidianità, nella carne della sua esistenza. Qui si trova la verità, la verità del Risorto.
Se dovessi dire in poche parole che cosa è per me la resurrezione, direi che è quella realtà senza la quale la mia vita sarebbe priva di senso, una realtà che dà senso a tutta la mia vita e all’essere umano. È la capacità di sperare. Ancor meglio: è la speranza resa possibile; è una speranza audace. E ciò perché Gesù ha vissuto in sé l’intero dramma della morte, lasciandola entrare dentro di sé in tutto il suo orrore, per svuotarla di ogni senso e di ogni contenuto di morte, per fare sorgere dentro quella morte e nella sua totalità tutta la realtà della vita, così che davvero la morte non esista più, non abbia più consistenza … È stata costituita per sempre realtà dell’inutile o dell’assurdo. Ogni morte per avere senso non può che essere generatrice di vita. In questo senso è necessaria e indispensabile, come passaggio obbligato o come dono e accoglienza della vita. Sarà sempre possibile dar senso alla morte aprendola a una pienezza di vita. Questa pienezza di vita è sempre una ritirata delle potenze di morte. È quello che Cristo ha realizzato in sé, alla perfezione, in modo assoluto, una volta per tutte. Questo ci permette di sperare e di vivere la resurrezione oggi niente affatto come un mito o come una realtà semplicemente futura, ma come una presenza che non cessa di essere attiva, perché realmente vera e feconda.
Raymond Johanny, L'eucaristia, cammino di resurrezione